Insegnanti di religione agli esami di terza media: le prime valutazioni
Fatta esperienza della partecipazione degli insegnanti di religione nelle commissioni degli esami di Stato di terza media, possiamo avanzare due riflessioni, forse in parte scontate, ma utili comunque per capire quali prospettive di cambiamento potrebbero aprirsi per il prossimo anno scolastico.
Chiaramente è da premettere che si tratta senza dubbio di un’esperienza positiva, soprattutto dal punto di vista della prova a carattere pluridisciplinare.
Nei percorsi pluridisciplinari presentati dagli studenti, l’Irc è stato presentato in molti casi per quello che è: una preziosa opportunità per l’elaborazione di mappe culturali e simboliche in grado di organizzare i diversi argomenti secondo una peculiare angolatura restituendo una comprensione unitaria della realtà.
La proposta educativa dell’Irc è parte costitutiva del patrimonio storico, culturale e umano della società italiana e svolge un ruolo insostituibile per la piena formazione della persona, poiché permette l’acquisizione di strumenti culturali utili per cogliere importanti aspetti dell’identità culturale di appartenenza e consentire la riflessione sui grandi interrogativi posti dalla condizione umana sollecitando il confronto con le altre discipline e religioni.
Chiarito il contributo educativo dell’Irc e il motivo della sua presenza all’interno delle commissioni d’esame, le questioni di più evidente rilievo restano due: la possibilità per l’insegnante di religione di “impegnare” i ragazzi nella fase del colloquio; e il carico orario assolutamente sproporzionato rispetto a quello gravante sugli altri docenti.
Circa la prima questione abbiamo già evidenziato che il decreto legislativo n. 297/1994 (art. 309, comma 4) stabilisce che “religione” non è materia d’esame, ma è altrettanto utile sottolineare che una norma di pari livello, il decreto legislativo n.62/2017 (art. 8), introduce il docente di religione in commissione con tutti gli oneri che da ciò derivano. Se ne potrebbe dedurre che la nuova norma abbia innovato anche in ordine all’inserimento di “religione” tra le materie d’esame, ma di ciò avremmo voluto conferma dal Miur, risposta di cui si è ancora in attesa.
La seconda questione riguarda il carico lavorativo degli insegnanti di religione, che costituisce anche il problema organizzativo evidenziato da più parti. Si tratta di un carico lavorativo più che raddoppiato rispetto ad altri docenti (i docenti di scienze motorie, di musica, arte e immagine, di tecnologia, svolgono 2 ore settimanali) e più che triplicato rispetto agli altri docenti componenti la commissione.
È evidente che, alla luce dell’attuale assetto normativo, una sola ora settimanale di insegnamento della religione nelle classi terze, risulta insufficiente non solo dal punto di vista della didattica.
Una soluzione potrebbe essere quella di assegnare alla classe terza due ore di religione; in questo modo, le terze classi da seguire per lo svolgimento degli esami sarebbero di numero ridotto. Si potrebbe infatti realizzare la seguente ipotesi: 12 ore in tre classi (comprese le due ore delle tre terze) e 6 ore in altre tre prime e seconde classi. Questo intervento ordinamentale dovrebbe essere realizzato attraverso un intervento legislativo che muti il quadro orario delle lezioni nella scuola secondaria di I grado.
Si aprono allora nuove prospettive di intervento, non solo per chiarire ulteriormente la posizione dei docenti di religione all’interno delle commissioni d’esame, ma soprattutto per ristabilire un equilibrio tra le diverse discipline attraverso percorsi di conoscenza orizzontale, che mirino a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale dei nostri studenti.
Orazio Ruscica
Snadir - Professione i.r. - 27 giugno 2018 h.13,23