Errore nel calcolo degli acconti IRPEF: il governo ammette lo sbaglio
Recentemente, il governo italiano ha riconosciuto un errore nel calcolo degli acconti IRPEF per l’anno 2025. Questo errore si è purtroppo tradotto in un aumento del carico fiscale per molti contribuenti, in particolare lavoratori dipendenti e pensionati, a causa dell'applicazione delle vecchie aliquote IRPEF invece delle nuove previste dalla riforma fiscale e dalla legge di bilancio.
 
Origine dell'Errore
La riforma fiscale ha ridotto da quattro a tre gli scaglioni IRPEF, abbassando l'aliquota dal 25% al 23% per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro, e aumentando le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente fino a 15.000 euro. Tuttavia, una disposizione prevedeva che, per determinare gli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025, si dovesse fare riferimento alla disciplina in vigore nel 2023, ovvero alle vecchie aliquote ante riforma.
 
Denuncia e Intervento del Governo
Snadir&Caf hanno segnalato fin da subito che questo meccanismo ha comportato un aumento degli acconti IRPEF per i contribuenti, con incrementi tra 75 e 260 euro rispetto a quanto effettivamente dovuto. In risposta, il MEF ha annunciato un intervento normativo urgente per correggere l'errore, consentendo l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione degli acconti, evitando così aggravi per i contribuenti.
 
Implicazioni per i Contribuenti
Senza questa correzione, molti contribuenti avrebbero dovuto versare acconti più elevati basati sulle vecchie aliquote, per poi recuperare le somme versate in eccesso l'anno successivo. L'intervento del governo mira a evitare questa situazione, applicando immediatamente le nuove aliquote e detrazioni, garantendo che gli acconti siano calcolati correttamente e prevenendo esborsi non necessari. 
In sintesi, il governo ha riconosciuto l'errore nel calcolo degli acconti IRPEF e sta adottando misure correttive per garantire che i contribuenti paghino importi adeguati alle nuove disposizioni fiscali, evitando oneri ingiustificati.
 
Marzo “di magro” per i docenti
Tuttavia questa correzione è ancora di là da venire e gli stipendi degli insegnanti sono stati già accreditati lo scorso 21 gennaio (rata ordinaria). Ora però sorge una domanda legittima: perché la rata di marzo degli stipendi dei docenti della scuola statale è stata spesso inferiore alle precedenti mensilità? Vediamo di fare chiarezza.
 
Il primo motivo che ha generato una contrazione dell’assegno di marzo sono state le trattenute per l'addizionale comunale IRPEF: a partire da marzo, infatti, oltre al saldo relativo all'anno 2024, inizia anche la trattenuta dell'acconto per l'anno in corso, determinando una diminuzione dello stipendio netto rispetto ai mesi di gennaio e febbraio. 
L’altra causa è invece da attribuire alla fine dell'esonero contributivo, terminato a dicembre 2024. Fino allo scorso anno il Governo aveva previsto un esonero contributivo del 6-7% per i redditi fino a 35.000 euro. Ma un’analoga misura che sostituisse il vecchio esonero contributivo è stata solo promessa, non trovando attuazione nella Legge di Bilancio 2025.

 

 

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