“Non nova sed nove”. Il curriculum scolastico riscopre l’importanza della Letteratura italiana

“Non nova sed nove”

Il curriculum scolastico riscopre l’importanza della Letteratura italiana

 

   «Prof, per le vacanze non mi dia libri da leggere, perché ho già i miei: il nuovo  “Harry Potter”, “Melissa P” e...» sono le parole un po’ beffarde ed un po’ ruffiane che mi rivolge G. un alunno quindicenne alla vigilia delle vacanze, altro che i sacri testi ai quali mi hanno iniziato i miei docenti ginnasiali cinque lustri fa!
   In prima battuta rispondo a G. con un sorriso altrettanto beffardo, poi osservo meglio la sua postura dinoccolata, la cresta di capelli color carota artificiale ed il cellulare di ultima generazione zeppo di sms che lampeggiano in fase di loading.
   Eppure siamo in un’aula di Liceo Classico, mi dico, con tanto di lapide marmorea a cimasa della porta d’ingresso ed in memoria di un Tenente caduto durante la Grande Guerra!
   Così, mentre continuo a mantenere fisso il mio sguardo su G. che attende una mia risposta, mi chiedo chi di noi tre sia “fuori posto”, se  il Tenente, il quindicenne oppure io.
   In tutta onestà credo che non lo sia nessuno di noi, sebbene possa sembrare strano, sebbene i docenti si sentano sempre più “animatori”, “agenti socio-assistenziali”, insomma tuttologi.
   Ma se è vero che il sistema sociale ed il sistema educativo sono stati sempre due universi osmotici, in cui  ad ogni azione impressa nel primo ha fatto seguito una reazione generalmente pari, eccezionalmente contraria, nel secondo, diventa sterile indirizzare la riflessione verso un ambito singolo, quale può essere quello della didattica della Letteratura Italiana.
   Non basta sventolare con fare garibaldino la bandiera con sopra scritto: «La Letteratura Italiana risorga e con essa gli Studia Humanitatis!»
   Non si tratta di adottare l’ennesima ricetta del new-learning d’oltralpe o d’oltre oceano, per sancire la morte della filosofia dei Piani, dei Progetti, dei Port-folii, della interdisciplinarietà e dell’intercultura, in breve e comunque della “novitas” tout court.
   Pochi, infatti, sono stati coloro che, forti di una prassi esperenziale più efficace, hanno creduto e di conseguenza applicato l’inveterato principio didattico-educativo: “Non nova sed nove”.
   Non cose nuove, bensì azioni didattiche e contenuti proposti in modo nuovo, questo, a nostro avviso, il principio teorico e metodologico più funzionale ad un insegnamento motivante, interattivo e proficuo sia per i docenti, sia per i discenti. Non si tratta, infatti, di curare la confezione di un prodotto per mascherarne la scarsa gradevolezza o addirittura l’inutilità, allettando l’acquirente con un contratto capestro.
   Si tratta, invece, di registrare un esito opposto in termini di stabilità e costruzione di senso dell’apprendimento stesso, operando sia sul versante superamento da parte del docente dell’inerzia da inadeguata busta paga, sia su quello della riflessione spiccatamente disciplinare relativa ai nodi concettuali forti ed agli elementi che possono fungere da sinapsi con la realtà emotiva e cognitiva del discente. 
   Dobbiamo sempre tener presente che l’apprendimento umano passa attraverso la relazione ed è nella relazione che esso deve essere costruito. Non è difficile da comprendere, allora, perché l’Italiano inteso come acquisizione esperta di un codice comunicativo e come conoscenza e tesaurizzazione di un patrimonio storico-letterario debba avere il giusto peso in seno al curriculum formativo di ogni discente.
   Troppo spesso nel passato recente del nostro Paese abbiamo assistito ad una sua “damnatio memoriae” accettata come necessaria di fronte allo scientismo e tecnologismo imperante.
   Così abbiamo veicolato ai giovani il messaggio secondo il quale il “negotium” e l’efficientismo sono l’unica garanzia di massimo profitto; peccato che il profitto di cui si può fare esperienza con una formazione non adeguatamente umanistica sia soltanto economico.
   Allora, ha ancora senso parlare di qualità dell’insegnamento della Letteratura Italiana?
   Direi: «Più che in passato e meglio che in passato, seguendo i suggerimenti di Seneca a Lucilio, riattivando cioè l’amore per i classici, la frequentazione degli stessi, scegliendo ciascuno di loro in modo oculato e non indiscriminato, alla ricerca di quel nutrimento e rispecchiamento idoneo al mutamento delle circostanze della vita».

Lucia Trombadore *

 

* Docente di Latino e Greco nel Liceo Classico “T. Campailla” di Modica

Snadir - mercoledì 3 ottobre 2007

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