Le competenze del counselling nei Centri di Informazione e Consulenza (C.i.c.) per la crescita culturale e formativa degli studenti
Cosa può fare la scuola per comprendere e sostenere gli adolescenti nei loro disagi? I docenti e gli istituti hanno a disposizione strumenti concreti ed efficaci per avvicinare i ragazzi oltre la didattica e i curricoli?
L’evoluzione della scuola in questi anni sembra dimostrare di sì. In moltissimi istituti italiani, dalla scuola primaria alle superiori, hanno continuato a funzionare i C.i.c., Centri informazione e consulenza, voluti dalla Legge 162/90 - che li istituiva (art. 106) soprattutto per contrastare le tossicodipendenze e chiedeva l’utilizzo non di specialisti, ma dei docenti stessi, adulti sensibili ai rischi dell’età adolescenziale.
In questi 18 anni le cose sono molto cambiate ed è stata maturata molta esperienza nell’ascolto dei ragazzi, con l’attivazione di servizi di sostegno, di progetti che non sono più solo di prevenzione del disagio, ma anche di educazione alla salute, “promozione dell’agio”, benessere a scuola e azioni di prevenzione. Di tali azioni hanno parlato altre leggi, la 104/92 e la 285/97 sull’integrazione e gli interventi socio-sanitari, ma anche lo Statuto delle studentesse e degli studenti e le convenzioni che le Ussl hanno stilato con gli uffici scolastici locali. E gli istituti spesso hanno prodotto documenti per gestire i servizi sotto forma di Protocolli d’azione.
In questi anni i docenti hanno frequentato corsi di aggiornamento sui temi di urgenza sociale, (tra gli altri i disturbi dell’alimentazione, le tendenze suicidiarie, le dipendenze tra le quali soprattutto l’alcoolismo, il bullismo, ecc.), ma anche hanno acquisito, con dedizione e sacrificio, nuove competenze professionali che diventano estremamente appropriate nel servizio di ascolto dei ragazzi. E lo hanno fatto spesso proprio gli I.d.r.
1. Nuove professioni sociali, come il Counsellor, si rendono molto utili per il Servizio di ascolto e consulenza degli adolescenti nella scuola
Una delle competenze più interessanti è quella del “counselling”, ampiamente diffuso nei paesi del nord Europa e in America, ma che in Italia stenta ancora a decollare, nonostante la presenza di molti istituti che forniscono la specializzazione e di tanti operatori abili. In questa situazione in trasformazione, l’impiego dentro le istituzioni, soprattutto nella scuola, è uno sbocco necessario: non esiste infatti ancora un albo professionale e spesso gli psicologi percepiscono tali figure come concorrenti.
Il counsellor non fa terapia né analisi psicologica, ma è uno specialista di comunicazione efficace, di assertività e sa indagare le relazioni interpersonali per evidenziare ciò che è disfunzionale. Ha competenze nell’“ascolto attivo” e si avvale di un background teorico che può andare - a seconda del percorso di formazione - dalla gestione dei conflitti emotivi (Gestalt) al rielaborare i copioni di vita (Analisi Transazionale), dal rispecchiamento (approccio Rogersiano) all’analisi dei comportamenti e convinzioni profonde (approccio cognitivo-comportamentale), a volte utilizzando anche altre filoni, dalla psicoanalisi alla psicosomatica.
Così i vecchi C.i.c. sono diventati Centri di ascolto e consulenza, con progetti specifici che rientrano nell’Area 3 delle funzioni strumentali, “Servizi e Interventi a favore degli studenti”.
I colloqui che i docenti operatori svolgono con i ragazzi (l’accesso avviene per appuntamento diretto oppure attraverso il coordinatore di classe o la segreteria) mirano a un cambiamento reale, concreto e autentico del ragazzo, accompagnandolo nel percorso di “ridecisione”, ciò per cui a volte necessitano diversi colloqui. In essi l’operatore si dimostra cordiale, empatico, non giudicante, e rispettoso del sistema di pensiero dell’allievo. Tali atteggiamenti si concretizzano in alcune semplici tecniche di ascolto, la parafrasi (ripetere sinteticamente ciò che l’utente dice, per assicurarsi di comprenderlo), la verbalizzazione emotiva (riconoscere le emozioni in gioco), la confrontazione (accostare dati non coerenti per individuare conflitti e impasse), il feedback dato o raccolto. Molte altre tecniche riguardano livelli avanzati di empatia, concettualizzazione del problema e interventi di ridecisione.
2. Le tecniche di “ascolto attivo” e l’empatia come strumenti di lavoro nei colloqui con gli adolescenti
Le ricerche hanno indicato che sono tre gli elementi che possono creare reale miglioramento attraverso i colloqui: una relazione calda, forte e autentica tra utente e operatore; l’attenersi a un preciso modello teorico e di intervento; e la passione e il desiderio dell’operatore che l’utente stia meglio.
Il malessere dell’utente, quando non dipende da circostanze esterne oggettive su cui si dovrà agire (caso poco frequente), dipende da meccanismi interni disfunzionali che egli esprime attraverso irrigidimenti e “difese”: contro di essi – per usare una metafora - l’operatore attua un assedio (dolce), individua i punti deboli e li mostra all’utente, pur senza invaderlo e anzi prendendosi cura di lui. Già questo approccio da solo assicura l’efficacia degli interventi e aumenta lamotivazione al benessere da parte dell’utente.
Non c’è lo spazio qui per affrontare aspetti teorici né pratici del counselling, cosa che si potrebbe fare in seguito con altri articoli. Ma osserviamo, in estrema sintesi, che sono diverse le fasi di rielaborazione dei problemi che gli adolescenti portano nei colloqui.
L’operatore ha il compito di individuare il problema concretamente; comprendere la fase in cui si trova il ragazzo e farlo diventare consapevole; individuare le resistenze al cambiamento e invitare e accompagnare il ragazzo a procedere nella rielaborazione mettendo in atto strategie alternative più funzionali.
3. Un ricerca sulle scuole superiori della provincia di Treviso
Riporto i risultati di una ricerca eseguita dal CSA (a cura di M. G. Bernardi) relativa all’anno 2005/06 nelle scuole superiori della provincia di Treviso. Su 42 scuole (30.000 studenti) ben 37 hanno un servizio attivo di Cic (però in 11 di esse non c’è stato alcun colloquio). Sono 213 i docenti impegnati a vario titolo (numero tale per cui ci si chiede se è possibile fornire adeguata formazione e aggiornamento), più operatori dell’Ussl. Sono 1846 i ragazzi che hanno avuto accesso, con 2180 ore di colloquio.
La prevalenza dei problemi portati in colloquio riguarda le RELAZIONI (con la famiglia, compagni di classe, amici e con gli insegnanti), poi PROBLEMI SCOLASTICI (demotivazione, scarso rendimento, necessità di riorientarsi), la CURA DI SÉ (bassa autostima, scarsa competenze emotiva, ecc.) e solo in misura minima l’ABUSO DI SOSTANZE.
Il servizio di ascolto costituisce un importante osservatorio.La ricerca conclude che si può rilevare un “trend ormai evidente e se i dati indicano una difficoltà generale a gestire le relazioni sia con gli adulti sia con il gruppo dei pari, occorre valutare se sono possibili azioni, indirizzate alla generalità degli studenti, come forma di prevenzione del problema (lo stesso può dirsi per quanto riguarda il problema della crisi della scelta scolastica oppure le difficoltà di apprendimento), interventi volti ad incrementare le abilità sociali degli studenti, la capacità di affrontare problemi e prendere decisioni, che sono considerati dall’OMS come elementi protettivi rispetto al prendersi carico del proprio stato di salute, evitando comportamenti a rischio”.
Per ulteriori informazioni sul counselling e bibliografia si veda http://vaglieri.tripod.com/counseling.htm.
Enrico Vaglieri
Snadir - mercoledì 6 febbraio 2008