ORA DI RELIGIONE ISLAMICA A SCUOLA: UNA PROPOSTA SUPERFICIALE ED AVVENTATA
Il dibattito che è seguito alla proposta dell'onorevole Urso e del Presidente Fini di istituire l'insegnamento della religione islamica nelle scuole italiane sembra avviarsi ad una misera conclusione. La sensazione è - dopo le vivaci contrapposizioni - che si sia ingenerata una confusione maggiore e che tutti i contendenti siano rimasti nella propria posizione. Ora, se un dibattito viene avviato e se ognuno propone delle idee, alla fine occorre raggiungere dei punti fermi sulla questione; Tali punti saranno utili poi per una ulteriore riflessione onde evitare che si torni di nuovo indietro o che si continui imperterriti a difendere le proprie posizioni in base a semplici assunti o convincimenti personalissimi.
Quindi ci sembra utile esporre di seguito alcuni di quelli che riteniamo essere dei punti fermi.
Abbiamo più volte scritto - e lo ribadiamo ancora una volta - che l'insegnamento della religione cattolica a scuola è legittimato perché "è riconosciuto il valore della cultura religiosa, i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano e perché esso è inserito nel quadro delle finalità della scuola". Questi tre motivi - afferma la Corte Costituzionale (Sent. 202/1989) - sono coerenti con la forma di Stato laico della Repubblica italiana. Non è superfluo affermare che le decisioni della Corte si applicano senza se e senza ma, e valgono per tutti. Dalla sentenza discende che l'insegnamento della religione cattolica è un insegnamento scolastico che non attiene alla fede individuale né ha lo scopo di generarla. In qualsiasi corretto confronto occorre tenere sempre presenti tali punti fondanti, diversamente si discuterà del nulla, i discorsi gireranno a vuoto e le parole andranno in vacanza.
Ancora. Altro rilevante elemento di riflessione è la possibilità che le comunità religiose non cattoliche possano "rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni". Tali attività possono essere legittimate nel caso in cui esista un'intesa tra Stato italiano e confessione non cattolica (art. 8 della Costituzione); ma per poter stipulare tale intesa, è necessario che essa sia stata riconosciuta ente morale ( legge 1159/1929), e tale riconoscimento avviene - attraverso una particolare procedura - solo se c'è compatibilità tra l'ente rappresentante la confessione e l'ordinamento italiano giuridico italiano.
In genere gli elementi che costituiscono le Intese riguardano le disposizioni " per l'assistenza individuale nelle caserme, negli ospedali, nelle case di cura e di riposo e nei penitenziari, per l'insegnamento della religione nella scuola, per il matrimonio, per il regime degli edifici di culto e per la ripartizione dell'otto per mille e per le festività". Particolarmente significativa è la disposizione per le confessioni che hanno stipulato una Intesa che riguarda la nomina dei ministri di culto senza alcuna verifica governativa, mentre invece gli enti di "culto ammessi" e che non hanno stipulato alcuna Intesa con lo Stato italiano devono ricevere l'approvazione governativa dei propri ministri di culto.
Altro elemento importante è la distinzione tra concordato e intesa. Mentre la prima è un trattato internazionale tra due ordinamenti indipendenti e sovrani (ad es. Stato e Chiesa cattolica), invece il sistema delle Intese "è un procedimento interno e autonomo dello Stato, il quale regola con propria legge i suoi rapporti con le confessioni religiose".
A tutt'oggi sei Intese sono state approvate con legge (Tavole valdese, Unione italiana delle Chiese avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Comunità ebraiche italiane, Unione cristiana evangelica battista d'Italia, Chiesa evangelica luterana in Italia); otto intese sono state firmate ma ancora non approvate con legge [Tavola valdese (modifica), Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno (modifica), Chiesa apostolica in Italia, Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (Mormoni), Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, Sacra arcidiocesi d'Italia ed esarcato per l'Europa meridionale (Ortodossi), Unione buddista italiana (UBI), Unione induista italiana]; una trattativa avviata con l'Istituto buddista italiano. Con le comunità islamiche sin dal 1990 si è tentato di avviare una trattativa, ma le richieste di intesa non sono state prese in esame in quando nessuna della associazioni islamiche è dotata del riconoscimento giuridico come ente di culto, presupposto indispensabile per avviare i negoziati.
Da quanto scritto finora appare chiaro che proporre l'insegnamento della religione islamica nelle scuole è una apertura superficiale che non tiene conto di due fattori importanti.
L'insegnamento della religione cattolica - a seguito del concordato - è previsto nell'ordinamento scolastico italiano perché il cattolicesimo è patrimonio storico del popolo italiano, nonché per i motivi che abbiamo già esposto precedentemente.
L'eventuale insegnamento della religione islamica nella scuola italiana può essere previsto solo se viene firmata un'Intesa tra lo Stato italiano e un'associazione fortemente rappresentativa della comunità islamiche.
Dunque, in conclusione, è evidente che discutere sull'ora di religione islamica nelle scuole è un voler concedere un privilegio a tale confessione religiosa senza che sia stata verificata la compatibilità del suo statuto di riferimento con i principi costituzionali e con l'ordinamento giuridico italiano. Insomma, è un tentativo di concedere prima ciò che invece è frutto di un patto tra lo Stato italiano e la confessione religiosa.
Certo, avremmo preferito non dovere ascoltare l' "assordante silenzio" proveniente da alcuni settori; ad esempio, le confessioni religiose che hanno invece siglato le Intese avrebbero almeno dovuto fare rilevare che, mentre ad esse è stato richiesto di firmare una Intesa per avere la possibilità di impartire l'insegnamento religioso a scuola, ad altri si propone un trattamento privilegiato. Lo stesso silenzio dai laici (o meglio, laicisti), i quali ad ogni piè sospinto hanno alzato polveroni contro l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole: se avessero espresso la stessa opposizione nei confronti dell'ora di religione islamica, avrebbero colto una imperdibile occasione per dimostrare che il loro disaccordo non è affatto di natura ideologica.
Orazio Ruscica
Snadir - Professione i.r. - venerdì 30 ottobre 2009