Insegnanti di religione nelle commissioni d’esame? Lo Snadir risponde alle polemiche della Tavola Valdese
In risposta alla problematica proposta, riteniamo più che opportuno precisare la posizione dello Snadir sul tema.
Iniziamo col dire che la presenza degli insegnanti di religione nelle commissioni d’esame non è e non potrà mai essere incongruente con l’impianto laico del nostro Paese, in quanto la Corte Costituzionale nel 1989 ha stabilito in modo definitivo che l’insegnamento della religione cattolica, così come previsto dalla legge 121/1985, è “coerente con la forma di Stato laico della Repubblica italiana”.
Inoltre, nella revisione concordataria del 1984, vengono riconosciuti dallo Stato i fondamenti culturali dell’Irc, legati soprattutto al patrimonio storico del popolo italiano. L’IRC, difatti, ha fondamenti culturali, contenuti e principi che appartengono al patrimonio storico del popolo italiano, ne consegue che il sapere religioso trova spazio nella scuola non per una concessione di privilegio, ma per un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’IRC portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, pur se confessionali nell’oggetto.
L’IRC, in questo senso, è una disciplina obbligatoria/opzionale che è chiamata a cercare un approccio esigente in termini fondativi e critici al fatto religioso.
La norma “incriminata” stabilisce che il voto di ammissione all’esame di terza media sia da intendersi, giustamente, non come espressione della media aritmetica delle singole discipline, ma come valutazione globale dell’intero percorso scolastico triennale svolto dall’alunno. Pertanto è del tutto evidente che la valutazione di ogni alunno esige che tutti i docenti interessati alla loro istruzione e formazione diano il proprio contributo per una più completa ed esaustiva valutazione degli stessi alunni “in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite”.
Tra l’altro, questo non genererebbe alcuna disparità di trattamento tra chi sceglie di avvalersi dell’insegnamento della religione o dell’attività alternativa e chi invece opta per lo studio assistito o per l’uscita da scuola. Senza contare che questi ultimi non possono certo pretendere che la scelta del nulla possa produrre frutti.
Ancora una volta si tratta di sterili polemiche ideologiche. Sarebbe opportuno tornare tutti a parlare dei contenuti culturali e formativi che questa disciplina vuole offrire agli alunni che di essa si avvalgono. La dimensione religiosa è affascinante in tutte le espressioni del vivere: è per questo che l’insegnamento scolastico della religione è tentare di capire e comprendere come gli uomini hanno vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò ha lasciato un segno e una presenza nella loro cultura. Per dirla con le parole di Abraham B. Yehoshua: “Così, anche se non credo in Dio, la sua presenza nella mente di moltissimi umani mi riguarda e mi interessa”.
Orazio Ruscica
Snadir - Professione i.r. - 10 maggio 2019, h.20,45