Insegnanti di religione agli esami di terza media: ancora polemiche!
La questione della presenza degli insegnanti di religione cattolica nelle commissioni d'esame ha da subito generato non poche polemiche. In ultimo le recenti dichiarazioni del sottosegretario al Miur, Salvatore Giuliano, riportate da oltre dieci associazioni laiche, tra cui il Comitato nazionale Scuola e Costituzione, il Comitato nazionale “Per la Scuola della Repubblica” e l’Associazione nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”.
Il 15 novembre scorso, il sottosegretario si è difatti espresso sulla questione dichiarando che “quanto all’inserimento della religione cattolica tra le materie d’esame, si rappresenta che tale disciplina non rientra tra le prove scritte, previste all’articolo 8, comma 4, lettera c), del decreto legislativo n. 62 del 2017, e non costituisce oggetto del colloquio, atteso che lo stesso, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, del citato decreto, è diretto a valutare le conoscenze descritte nel profilo finale dello studente, secondo le vigenti indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, emanate con decreto ministeriale n. 254 del 2012”.
Dichiarazioni che certamente mancano di completezza e che generano incongruenze. Le parole del sottosegretario Giuliano non chiariscono di fatto il ruolo degli insegnanti di religione all’interno delle commissioni, e pongono nuovi quesiti: se tali insegnanti non possono né interrogare gli alunni e né valutarli in sede di esame, perché sono obbligati a far parte delle commissioni?
In risposta alla problematica proposta, riteniamo più che opportuno precisare la posizione dello Snadir sul tema.
Il voto di ammissione all’esame di terza media è da intendersi non come espressione della media aritmetica delle singole discipline, ma come valutazione globale dell’intero percorso scolastico triennale svolto dall’alunno. Pertanto è del tutto evidente che la valutazione di ogni alunno esige che tutti i docenti interessati alla loro istruzione e formazione diano il proprio contributo per una più completa ed esaustiva valutazione degli stessi alunni “in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite”.
In risposta a chi invece sostiene che l’ora di religione rappresenti un attacco alla laicità del nostro stato rispondiamo dicendo che la presenza degli insegnanti di religione nelle commissioni d’esame non ostacola in alcun modo l’impianto laico della scuola italiana, ma ne arricchisce i fondamenti culturali attraverso contenuti culturali e principi che appartengono al nostro patrimonio storico.
Non a caso, nella revisione concordataria del 1984, vengono riconosciuti dallo Stato i fondamenti culturali dell’Irc, legati soprattutto al patrimonio storico del popolo italiano. L’IRC, difatti, ha fondamenti culturali, contenuti e principi che appartengono al patrimonio storico del popolo italiano, ne consegue che il sapere religioso trova spazio nella scuola non per una concessione di privilegio, ma per un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’IRC portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, pur se confessionali nell’oggetto.
Riguardo, infine, alla lamentela riguardante i casi in cui il docente di religione “ha partecipato allo scrutinio votando per la promozione o bocciatura”, ricordiamo alle associazioni laiche sopracitate, che la Giustizia Amministrativa si è pronunciata a sostegno del principio che il voto del docente di religione sia determinante ai fini della costituzione della maggioranza per stabilire l’eventuale promozione alla classe successiva oppure ammissione o meno agli esami dell’alunno che di tale insegnamento si avvale.
Orazio Ruscica
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Snadir - Professione i.r. - 11 giugno 2019, h.19,35