lunedì 19 dicembre 2016

La formazione diocesana e la formazione proposta dalle scuole: una possibile collaborazione.

 Come è noto l’Accordo di revisione del Concordato Lateranense (Palazzo Madama 18/02/1984) ha ridisegnato la natura dell’IRC e riqualificato la figura dell’insegnante di religione nella scuola italiana. Sorgono gli Istituti Superiori di Scienze Religiose per dare una formazione iniziale agli aspiranti docenti, mentre gli Uffici Scuola diocesani si impegnano a riprogettare la formazione in servizio per consentire agli insegnanti di costruirsi come professionisti di alto profilo anche dopo il conseguimento del titolo di studio con aggiornamenti sia in ambito pedagogico-didattico che culturale/disciplinare; anticipando così di circa venti anni l’obbligatorietà formativa della Buona Scuola! di Costantina Barra

 


di Costantina Barra

Segretaria Provinciale Brescia

Come è noto l’Accordo di revisione del Concordato Lateranense (Palazzo Madama 18/02/1984) ha ridisegnato la natura dell’IRC e riqualificato la figura dell’insegnante di religione nella scuola italiana. Sorgono gli Istituti Superiori di Scienze Religiose per dare una formazione iniziale agli aspiranti docenti, mentre gli Uffici Scuola diocesani si impegnano a riprogettare la formazione in servizio per consentire agli insegnanti di costruirsi come professionisti di alto profilo anche dopo il conseguimento del titolo di studio con aggiornamenti sia in ambito pedagogico-didattico che culturale/disciplinare; anticipando così di circa venti anni l’obbligatorietà formativa della Buona Scuola!

Nella recente normativa (Lg. 107/2015) è evidente che il nuovo sistema di istruzione e formazione esige dagli insegnanti competenze sempre più qualificate e differenziate, che vanno oltre i profili professionali attualmente utilizzati: arricchire la qualità dell’insegnamento attraverso la ricerca, migliorare il rendimento scolastico degli alunni, proporre soluzioni per la gestione di problemi sociali presenti nel proprio istituto scolastico. Appare chiaro che non è sufficiente proporre agli insegnanti corsi di aggiornamenti, ma ripensare i termini di tutto il sistema formativo dei docenti; tant’è che si parla di “formazione obbligatoria, permanente e strutturale”. Le singole istituzioni scolastiche, nell’ambito della propria autonomia, sono chiamate a progettare la propria formazione in base ai bisogni reali e contestualizzarla nel Piano triennale dell’Offerta Formativa attraverso “Unità Formative” anche mediante reti di scopo.

Con la Lg. 107/2015 la formazione del docente diviene obbligatoria quindi un dovere e viene incentivata con l’istituzione della carta del docente che ha un importo nominale di 500 euro per le spese sostenute  individualmente dagli insegnanti per la propria la formazione (per l’acquisto di libri, hardware e software di vario genere, l’iscrizione a corsi di laurea o di formazione, l’ingresso a musei e spettacoli, nonché qualsiasi altra attività che possa contribuire alla formazione del docente) mentre per “premiare i docenti meritevoli” vi è l’assegnazione di un bonus attribuito dal dirigente sulla base dei criteri individuati dal comitato di valutazione. Qui emerge la criticità di questa legge: in primo luogo si parla di obbligatorietà solo per i docenti di ruolo tralasciando che la formazione è fattore di crescita personale e professionale prima ancora che legislativo per ogni docente al di là del proprio stato giuridico; la formazione è anche un diritto e non possono essere messe da parte le organizzazioni sindacali in nome di una legge dello Stato, in quanto solo il contratto collettivo può stabilire i diritti e gli obblighi relativi al rapporto di lavoro; l’entità del fondo erogato dallo Stato per la formazione dei docenti, per quanto consistente-cospicuo, è proporzionale all’impegno assunto dagli insegnanti? Infine il bonus attribuito al “docente meritevole” non è riconosciuto nel calcolo del computo pensionistico. Per gli insegnanti di religione, in particolare, il 50% delle cattedre viene assegnato a docenti a tempo determinato (molti di loro sono “stabilizzati”) i quali da più di dieci anni garantiscono la continuità didattica alle singole istituzioni scolastiche, partecipano con assiduità e costanza agli organi collegiali, progettano le attività di inizio e fine anno scolastico, ricoprono l’incarico di collaboratore del dirigente scolastico e malgrado ciò, per loro, c’è l’inaccettabile esclusione dal riconoscimento sia del merito che dell’attribuzione della card. Dimenticando, con una certa facilità, che gli insegnanti di religione sono stati sempre all’avanguardia, risultando gli unici insegnanti italiani a seguire corsi di didattica disciplinare e legislazione scolastica quando queste competenze erano ancora estranee agli studi degli altri docenti.

Nella diocesi di Brescia l’ESU (ufficio per l’Educazione la Scuola e l’Università di Brescia), dividendo il territorio in macrozone, sperimenta, da diversi anni, l’attuazione dei “Laboratori di didattica” come modalità di autoformazione per i docenti di religione. Lo scopo di queste reti è di elaborare itinerari didattici, mappe di riflessione su contenuti disciplinari di tipo teorico, condivisione di esperienze, confronto sulla metodologia. La scelta e lo stile di attuazione dei percorsi avviene in base ai bisogni formativi del territorio. Con tale modalità operativa si dà al docente la possibilità di essere protagonista attivo del proprio percorso formativo.  A fare la qualità della scuola sono gli insegnanti e tra questi ci sono anche gli insegnanti di religione!

L’auspicio, per quanto riguarda la formazione, è quello di attuare forme di collaborazione, nell’ambito delle rispettive competenze, tra istituzioni scolastiche e gli Uffici Diocesani non tanto per quelle competenze che portano l’alunno a dire Io-so ma soprattutto per quelle che orientano l’alunno a dire Io-sono, quindi il passaggio dal conoscere all’essere persona (come cittadino del domani, come cittadino del mondo) perché non bastano le conoscenze a migliorare la persona, queste conoscenze devono essere arricchite di una dimensione valoriale (che è irrinunciabile). Potrebbero essere di interesse comune le competenze-chiave europee che permettono di vivere al meglio la vita quotidiana: le competenze sociali e civiche e la competenza di consapevolezza ed espressione culturale. 



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