Ora di religione, quasi sette milioni scelgono di frequentarla: trend stabile

Ora di religione, quasi sette milioni scelgono di frequentarla: trend stabile

 

Oramai sappiamo che due volte l’anno (in genere a gennaio e agosto) vengono pubblicati articoli giornalistici per evidenziare l’aumento dell’organico di religione oppure l’aumento degli alunni non avvalentisi dell’irc.

Anche questa volta l’articolista non si smentisce e si lancia nel tentativo maldestro di mettere in risalto l’aumento (irrilevante) del numero dei non avvalentisi (circa novecentomila), a fronte dei quasi sette milioni di avvalentisi (del tutto ignorati).

Tali “argomentazioni” in realtà sottendono  la tesi laicista che esclude dall’orizzonte umano la dimensione  etico-religiosa e tutto ciò che, a partire da tale dimensione, può essere utile alla crescita culturale dei nostri studenti. Insomma,  secondo questa tesi religione e alternativa – anche a motivo della necessaria spesa -  andrebbero abolite. L’articolista invece dovrebbe approfondire  il concetto di insegnamento della religione nelle scuole: esso non significa soddisfare l’esigenza di una vita spirituale, ma  conoscere e tentare di comprendere come gli uomini hanno vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò ha lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura. I sette milioni di studenti (dati ministeriali), credenti e non, che scelgono di frequentare l’insegnamento della religione mostrano di apprezzare tale insegnamento, che offre loro un solido orizzonte culturale per praticare la tolleranza intesa come impostazione dialogica dell’esistere, come educazione all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace.

In un confronto senza pregiudiziali ideologiche dovremmo chiederci se i cittadini che vogliamo formare nelle nostre scuole possono prescindere dalla conoscenza della dimensione religiosa nell’uomo,  nella sua genesi storica, nella sua dimensione culturale, nella sua stratificazione sociale.

Se da tale confronto si dovesse concludere che la dimensione religiosa è fondamentale per avere una chiave di lettura della nostra (e altrui) identità culturale,  allora dovremmo – piuttosto che puntare il dito su irrilevanti aumenti di percentuali - prospettare per tale disciplina nuovi spazi, anche approfondendone contenuti e obiettivi didattici.

E’ questo il fulcro della questione sul quale vale la pena confrontarsi, ma che all’articolista di turno continua a sfuggire.

Orazio Ruscica

 

 

 

Snadir - Professione i.r. – 25 gennaio 2016, ore 13:00

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