Un cambio di rotta per la scuola italiana

Un cambio di rotta per la scuola italiana

 

Il cambio al Miur del Ministro e dei sottosegretari dovrà dare un nuovo impulso all’azione di Governo a favore della scuola e dei suoi insegnanti.
La maggiore attenzione per una classe di lavoratori della pubblica amministrazione che ha una autonomia di giudizio e una dignità professionale e che respinge con forza atteggiamenti arroganti che presumono di spiegare come dovrebbe funzionare al meglio la scuola italiana, esigono un cambio di rotta che ci auguriamo sia presto attuato dai nuovi inquilini del dicastero dell’istruzione.
La legge 107/2015 va certamente riformata in modo così sostanziale, che sarebbe meglio abrogarla del tutto. Certamente vanno abolite la chiamata diretta dei docenti e la titolarità sugli ambiti per ridarla sulla istituzione scolastica. Inoltre, occorre trasferire le risorse del merito al comitato di valutazione, che va ridefinito con la sola presenza dei docenti, e necessita assegnare piena autonomia alle scuole nel definire le ore da dedicare all’alternanza scuola/lavoro. Anzi sarebbe opportuno utilizzare i 200 milioni del bonus per il merito, i 380 milioni della card del docente e i 100 milioni dell’alternanza scuola/lavoro per incrementare le risorse destinate al contratto di lavoro, che in questo modo raggiungerebbe la cifra di 680 milioni di euro. Tale cifra permetterebbe di assegnare immediatamente a ogni docente circa 60 euro lordi mensili, ovvero il doppio di quanto attualmente stanziato per il rinnovo contrattuale.
Serve, infine, attuare un vero confronto con le organizzazione sindacali rappresentative della scuola sulle deleghe previste dalla legge 107/2015 (valutazione, segmento 0-6, sostegno, reclutamento, testo unico, formazione iniziale, scuole italiane all’estero), che si può realizzare attivando in primo luogo uno slittamento dei tempi previsti per l’attuazione delle predette deleghe.
È necessaria, quindi, una profonda revisione dei contenuti della legge 107/2015 anche con riferimento agli effetti negativi che ha sin qui prodotto. Parimenti è necessario che venga abrogata la norma (art.1, comma 1 della legge 15/2009) che rende nulle le disposizioni contrattuali in contrasto con le norme di legge, ripristinando di conseguenza la norma del D.lgs 165/2001 che prevedeva la non applicabilità di leggi e regolamenti derogati dai contratti collettivi, ed evitando nel contempo che i contratti possano essere riscritti unilateralmente dalla parte politica senza alcun confronto con i rappresentanti dei lavoratori. Oltre a ciò risulta determinante per il nuovo Ministro, Sen. Fedeli, sanare l’ingiustizia che ha colpito alcune categorie di insegnanti, tra cui quelli dell’infanzia, il personale educativo e gli incaricati di religione, esclusi dal piano straordinario di assunzioni attivato dalla legge di riforma della scuola.
Se il Ministero deciderà che un piano di assunzione per gli insegnanti di religione dovrà attuarsi attraverso un nuovo concorso, lo Snadir si batterà affinché questo debba assolutamente prevedere la valutazione – oltre a quella delle prove concorsuali – del servizio svolto, dei titoli di studio e professionali e dell’abilitazione conseguita nel concorso del 2004, affinché nessuno sia penalizzato dai ritardi dell’amministrazione scolastica nella gestione delle assunzioni dei docenti di religione. Le commissioni di esame dovranno essere composte da docenti di religione di ruolo (uno per ogni grado scolastico). Così come previsto dall’art.1 della legge 186/2003, i ruoli dovranno essere uno per la scuola dell’infanzia e primaria e l’altro per la scuola secondaria di primo e secondo grado. I contenuti di esame dovranno escludere – come stabilisce l’art. 3, comma 5 della legge 186/2003 – i contenuti specifici dell’insegnamento della religione cattolica. La graduatoria, elaborata dalla commissione, sarà stilata in base al punteggio conseguito (prove, titoli, servizi) dal candidato e per diocesi, cosicché da permettere l’individuazione da parte dell’Amministrazione scolastica degli aventi diritto all'immissione in ruolo (art.3, comma 7 legge 186/2003).
Infine, i posti dovranno essere determinati in base alla risposta che il Miur dovrà dare all’applicabilità del comma 131 della legge 107/2015 agli incaricati di religione. Insomma per essere chiari: se dopo tre anni è fatto divieto anche per gli incaricati annuali di religione il rinnovo del contratto di lavoro, allora i posti da mettere a concorso saranno 11.000 circa; se , invece, dal divieto di reiterazione dei contratti dopo i 36 mesi saranno esclusi gli incaricati di religione, allora i posti da mettere a disposizione saranno 5.000 circa. La soluzione in un senso o nell’altro dipenderà dalla lungimiranza di chi ha la responsabilità in questo settore strategico per la formazione dei nostri studenti. Lo Snadir è per la scelta degli 11.000 posti, perché il precariato va cancellato per tutti e per sempre.

 

Orazio Ruscica

 

Professione i.r. - 2 gennaio 2017, h. 12.00

 

 

 

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