Ora di religione? Nessun indottrinamento, ma proposte culturali!

Ora di religione? Nessun indottrinamento, ma proposte culturali!

Le motivazioni proposte a favore del no dal prof. Marco Di Paolo, professore di Filosofia e Storia presso il liceo Cavour di Roma, nell’intervista “Religione a scuola: sì o no?” rendono evidente ciò che lui stesso afferma riguardo alla conoscenza dei temi religiosi; egli infatti dichiara che “noi docenti siamo piuttosto ignoranti in materia”. Tale condizione non riguarda soltanto i temi squisitamente religiosi, ma anche i programmi, o meglio come si dice oggi le Indicazioni nazionali per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole di ogni grado scolastico. In particolare aver affermato che durante l’ora di religione l’ampliamento di altre religioni e culture diverse è lasciato alla discrezionalità del docente di religione, è del tutto infondata. Infatti, le Indicazioni nazionali esprimono la necessità di offrire agli studenti “contenuti e strumenti per una riflessione sistematica sulla complessità dell’esistenza umana nel confronto aperto fra cristianesimo e altre religioni" e a offrire “contenuti e strumenti per una lettura critica del rapporto tra dignità umana, sviluppo tecnico, scientifico, ed economico, nel confronto aperto tra cristianesimo e altre religioni, tra cristianesimo e altri sistemi di significato”.


Quindi, stia sereno il prof. Di Paolo, nessun indottrinamento, ma robuste proposte culturali che, oltre ad essere apprezzate dai nostri studenti, costituiscono la base della nostra tradizione e della storia del nostro popolo. Inoltre, il predetto docente si avventura nella proposta di “far entrare la tradizione cattolica nei programmi di storia, italiano e filosofia come bagaglio culturale”. Insomma la bacucca idea del sistema scolastico francese dei “fatti religiosi” presenti nelle diverse discipline. Evidentemente dimentica che tale modalità è stata un fiasco, che ha costretto – dopo i rapporti Joutard e Debray – il Ministro dell’istruzione Jacques Lang a correre ai ripari, avviando una formazione degli insegnanti per renderli in grado di riconoscere una certa dimensione religiosa nel patrimonio culturale. Infine, è chiaro che il nostro Stato laico, delegando giustamente ad altri (Chiesa cattolica) le radici della nostra cultura, non può non occuparsi della formazione del personale, offrendo allo Stato personale qualificato per svolgere un insegnamento culturalmente resistente.

 

Professione i.r. 20 febbraio 2017, h. 12.00

 

 

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