La polemica dell’ignoranza

La polemica dell’ignoranza

 
Questa settimana sulle pagine del settimanale Left, il giornalista Federico Tulli ha firmato un pezzo volutamente polemico contro la decisione del governo di bandire un concorso per l’assunzione di 4mila docenti di religione, appoggiando la tesi secondo cui non avrebbe alcun senso bandire un nuovo concorso, considerato anche il costo cospicuo che tale categoria di insegnanti rappresenta per le casse dello Stato.
 
Ci troviamo per l’ennesima volta di fronte a un attacco ideologico e politico, costruito su un’ingenuità di fondo: il giornalista pensa che il concorso in arrivo sia destinato all’assunzione di 4mila nuovi insegnanti di religione, da aggiungere ai 25.000 docenti già attivi sul territorio. La verità è che il Miur, bandendo il concorso per 4.600 posti, farà solo in modo di stabilizzare gli attuali docenti non di ruolo che prestano già da anni servizio, una categoria di precari di lunga data cui sarà finalmente data la possibilità di avere un contratto a tempo indeterminato. Nessun nuovo Idr quindi, solo l’opportunità di eliminare una volta per tutte il precariato di religione, assegnando nuove garanzie a un’intera categoria di insegnanti che a lungo si è vista negare la certezza di un lavoro stabile e svolto nel pieno rispetto di tutti gli obblighi di legge.
 
Inoltre, il giornalista dovrebbe sapere che ai sensi del Dpr 175/2012 l’idoneità è permanente salvo revoca; quindi gli Idr non devono ogni anno chiedere l’idoneità per insegnare religione.
 
Dopo aver basato la sua tesi su tali inesattezze, il giornalista continua a sparare a zero sull’ora di religione, rivelando non poche perplessità circa l’intrusione della Chiesa nella regolamentazione della disciplina.
A tal proposito è bene ricordare che l’Irc trova spazio nella scuola per via un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’IRC portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline.
Tale insegnamento, però, si differenzia dagli altri per via della sua innegabile origine confessionale, e proprio per questo la sua promozione non può non passare al vaglio del controllo ecclesiale, comunque modulato secondo il quadro delle finalità laiche, dei procedimenti critici della scuola, e nel rispetto della libertà di coscienza.
 
Il fatto che i contenuti relativi ai testi e alla storia della confessione cristiano-cattolica, vengano insegnati da un docente riconosciuto idoneo e proposto dall'autorità ecclesiastica, secondo programmi e libri di testo controllati dalla stessa autorità, non può che rappresentare per i nostri studenti una garanzia di maggiore serietà nella gestione di un insegnamento che indaga gli aspetti fondamentali dell’esistenza.
 
Anche per questo, ancora il 90% degli alunni – diversamente da quanto sostiene il giornalista – sceglie di avvalersi dell’ora di religione, riconoscendo a tale insegnamento un valore formativo e culturale, che offre loro contenuti e strumenti per riflettere sulla complessità dell'esistenza umana nel confronto aperto fra cristianesimo e altri orizzonti di senso e promuove “la partecipazione ad un dialogo autentico e costruttivo, educando all'esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace”, come recitano le indicazioni nazionali.
 
Orazio Ruscica

Snadir - Professione i.r. 8 febbraio 2018, h.10,45
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