Nel giorno del DDL

Nel giorno del ddl
di Pasquale Troìa *

I quotidiani, si sa, devono per loro identità comunicativa ogni giorno informare. Siamo consapevoli che non esiste informazione neutra. Come siamo anche illusi che dovrebbero esistere libertà di pensiero che non dovrebbero partire dalle ideologie ma dai dati e dai documenti, dai bisogni e dalle competenze. . Nell'antichità si discuteva tra i filologi e i logofili: i primi amano il discutere e ricercano il logos della realtà, i logofili amano "aprire bocca e fare flatus vocis" dando alla parola quell'affettività e quella devozione di cui nessuno riesce a privarsene.
Il 15 luglio sarà per gli insegnanti di religione e per la scuola italiana un giorno da ricordare. Come tanti altri da dimenticare. Non so se la numerologia oggi abbia ancora tanti proseliti. Comunque, la costante coincidenza di certi numeri come anche la frequenza di altri, induce almeno a 'giocare' con le ipotesi, o, ancor più legittimamente a domandare al caso quel perché che in nessun caso potrebbe anche non avere un perché!

Prof. Pasquale Troìa, direttore Centro Studi Snadir

Il 14 luglio (primo giorno del ddl di ritorno alla Camera): la presa della Bastiglia, l'inizio del cammino di laicità della Francia e dell'Europa. Il 16 luglio nella liturgia cattolica si celebra la festa della Madonna del Carmelo. Pensate se il ddl fosse stato approvato il 14 luglio. Ironia del caso. Oppure ossimoro della storia. E se fosse stato approvato il 16 luglio? Tutti avrebbero - come si dice - gridato al miracolo! Invece la data storica è il 15 luglio: il giorno tra la Bastiglia e il Carmelo. Un giorno di cui non si poteva scegliere il più significativo. E' il giorno della festa di san Bonaventura di Bagnoregio. Un grande! Il suo Itinerarium mentis in Deum è una tra le sue più contemporanee opere: noi docenti di religione da quell'opera possiamo imparare molto per insegnare un itinerarium mentis in (e non ad) Deum. Non a caso Régis Debray adotta un titolo simile in una sua ultima opera (Dieu, un itinéraire, Editions Odile Jacob 2002; in italiano Dio.Un itinerario. Per una storia dell'Eterno in Occidente, Raffaello Cortina, Milano 2002). Ed è significativo questa adozione da parte dell'autore del rapporto (Debray, L'enseignement du fait religieux dans l'Ecole laïque, 2001) che propone la necessità di un insegnamento del "fatto religioso" nelle scuole francesi, alla luce di una semplice constatazione (in verità già da tempo praticata qui da noi in Italia) che "l'ignoranza religiosa è da considerare ignoranza culturale". E Dio solo sa quanta rilevanza e seduzione riservano alla cultura i francesi. Per cui una simile constatazione è quanto mai provocante per la Francia della Bastiglia..
Nell'Itinerarium come anche nel Breviloquium, e nelle sue opere, Bonaventura valorizza tutte le arti liberali per complementarle con la sacra pagina della Scrittura e con la teologia. Facendo di ognuna una virtus (intesa come potenzialità, energia, tendenza, slancio, moto…) di mediazione e di ricerca verso Dio. Secondo me, Bonaventura di Bagnoregio potrebbe essere, insieme ad altri grandi come Tommaso d'Aquino, Ildegarda von Bingen…. tutors e magisteri/ae della nostra difficile arte di fare cultura religiosa a scuola in questa nostra contemporaneità. Con le arti di oggi e con le virtualità contemporanee.
In questo ddl-day i quotidiani, come dicevamo, avevano il dovere di dare la notizia. Anche perché da qualche tempo molti più docenti di religione leggono i quotidiani (questo sì che è un miracolo). Ed i lettori devono essere soddisfatti.
Ho acquistato tutti i quotidiani nazionali. Ero curioso di constatare non tanto come davano la notizia. Né tanto meno i commenti. Perché erano prevedibili. Volevo invece verificare se dopo tanti anni e tante precisazioni che in più occasioni e da più parti (soprattutto in modo quasi didascalico da parte dello Snadir) i giornalisti - e quindi le redazioni - avessero 'imparato' a citare correttamente la nostra opinione, il lessico della prassi dell'irc, e a saper presentare la nostra identità. Verificando sia le parole che le foto.
Per le foto: no comment. Le solite: la suorina con i bambini, il prete tra i giovani. E questa volta anche un insegnante laico che sta tentando di rimettere o sistemare un crocifisso alla parete (cfr. La Stampa). . Vi sentite rappresentati da queste foto? Chi non conosce gli idr, può con queste foto farsi un'idea media, mediana, condivisa di quale abito vestono gli idr e di che cosa fanno in classe?
Per il testo: sarebbe da analizzarlo. Per constatare, verificare e dimostrare non solo quanta retrologia ideologica ma soprattutto quanta disinformazione si può intravedere in chi ancora ritiene che gli "insegnanti che impartiscono la dottrina" (Corriere della sera).. Scrivo in questo modo e non penso altrimenti pur condividendo alcune perplessità, istanze ed anche opinioni di parlamentari ed intellettuali che non sono d'accordo con quella "c" dell'ir a scuola, più che con un riconoscimento giuridico agli idr. Se quella "c" significa monopolio di cultura religiosa cattolica a scuola, docenti professionalmente flaccidi, nomine del vescovo non sempre motivabili e dimostrabili sul piano delle motivazioni scolastiche…e quanto ancora questo ddl lascia da esplorare e da configurare nell'ambito giurisprudenziale. Tra l'altro questo ddl sullo stato giuridico degli idr spero sia anche un rilancio sul sapere religioso a scuola, come risposta interculturale e interreligiosa alle domande della contemporaneità e alle speranza del futuro della scuola e delle società.
Ovviamente ciò che si legge sui quotidiani sono sempre opinioni di opinionisti. E la gente? Ma la gente sui giornali non ha voce: la gente deve leggere i giornali e scrivere le lettere al direttore! La gente in queste articoli sul ddl-day sono i parlamentari.
Eccetto Libero e il Foglio , tutti i quotidiani del 15 luglio hanno riportato la notizia della definitiva approvazione del ddl per lo stato giuridico degli idr. Sarebbe interessante verificare e valutare le affermazioni. Ma richiederebbe un altro spazio. Un altro luogo. Almeno, però, vorremmo indicare i titoli (cfr. box - file in formato pdf).
Una parola su Avvenire. Ovviamente ci si aspettava una informazione più ampia. Ben due pagine. Fa piacere constatare anche l'esattezza delle informazioni. La foto è alquanto scompensata: nasconde il docente (!), evidenzia gli studenti e in primo piano una copia della Bibbia (chiusa!) sul banco di uno studente le cui mani sono 'deposte' sul banco. Perché evidenziamo Avvenire? Per complimentarci della informazione precisa e di quel verbo "riconoscere" coniugato con "lo status dei docenti di religione". Ma anche per rilevare che alle opinioni dell'on. Aprea, di Sergio Cicatelli, di mons. Nosiglia e del docente Bernardo Di Bernardino, mancano almeno due altre opinioni che ci si aspettava: quella del direttore del Servizio Nazionale per l'irc (don Giosuè Tosoni) e quella del segretario nazionale dello Snadir (Orazio Ruscica). E sì, perché almeno da Avvenire (e non solo) ci si aspettava che si dicesse chi in questi ultimi anni ha lavorato con i docenti e da vicino alle istituzioni per 'costruire' questo risultato. Perché un risultato ha sempre delle parentele. E qui lo Snadir almeno deve essere riconosciuto come lo zio di questo ddl. Qualcuno ci terrà a farsi riconoscere altre paternità. Perché quando il figlio 'nasce' bello tutti sono parenti del ragazzino. Ed anche per questo ddl ora (ora) tutti esibiranno pretese anagrafiche di parentela. C.v.d.. Ma spero abbiano argomenti e dimostrazioni.
Per il resto dai giornali del 15 luglio, mi sento chiamato 'cattolico in cattedra' (Il Messaggero), "docente con la cattedra che gli è arrivata" (Il Sole 24 ore), "insegnante di religione con il posto fisso" (Corriere della Sera, l'Unità),. "immesso in ruolo come insegnante di una materia facoltativa" (Il Messaggero), "insegnante con gli stessi diritti degli altri insegnanti" (la Repubblica), "insegnante uguale agli altri insegnanti" (Il Tempo), "insegnanti di ruolo" (Il Tempo), "idr promosso a docente di serie A" (il Giornale), "prof. in ruolo per legge" (Il manifesto), "insegnante a ruolo" (La Stampa), "un cattolico a cui è convenuto essere cattolico" (il manifesto), insegnante "a titolo giuridico incostituzionale" (Cgil e Ds riportati in quasi tutti i quotidiani).. E complimenti alla redazione de “il manifesto” che ha pubblicato un articolo del collega idr Alberto Pisci: un'analisi lucida e critica (suscettibile di possibile ambiguità di lettura?).
Da questa attribuzione di identità, insorge la domanda: quando i giornalisti impareranno i nostri attributi professionali? Anche quando noi faremo di più e meglio per farci conoscere di più, meglio ed in tutti i modi. Volendo. Ma anche diventandone sempre più capaci. E soprattutto promovendo in modo pubblico quella professionalità che va sempre più qualificata e donata. Perché, fatta la legge per lo status giuridico, ora bisogna continuare a fare bene gli insegnanti. Da questo impareranno a conoscerci.
Ed in questa prospettiva, ringraziamo quei giornalisti e quelle redazioni di quotidiani e di riviste che in questi anni di lotta per il riconoscimento dello stato giuridico hanno cercato di conoscerci, di fare notizia con i nostri interventi, di permetterci di presentare più volte e in più occasioni il nostro punto di vista così da esporlo pubblicamente al confronto (perché mai abbiamo temuto il confronto quanto l'ombra dell'ignoranza e della disinformazione su argomenti dei quali solo noi docenti di religione siamo professionalmente competenti e solo noi come unico sindacato di categoria conosciamo i margini dei bisogni e le prospettive della qualità da investire a scuola).
Ma ora che lo stato giuridico è legge dello Stato italiano, la collaborazione con i massmedia la vogliamo ancor più praticare. Perché se prima - sottovoce - ci dicevano che tutto il nostro impegno sembrava finalizzato solo a riscattare uno stato giuridico, ora invece vogliamo continuare a ribadire che quella nostra richiesta di riconoscimento era fatta alla luce di quanto ed in che modo noi eravamo e siamo presenti nella scuola italiana e della stessa disciplina (sapere religioso) che insegniamo. Ora siamo più autonomi e più liberi di poter qualificare il sapere religioso scolastico secondo le finalità della scuola italiana ed europea e secondo le aspettative di tutti quegli italiani che ancora scelgono di avvalersi di questo insegnamento (non facoltativo ma curricolare) che continuerà ancora ad offrire ai nostri studenti "un altro perché" alle domande che la storia e la loro vita richiederanno. Nelle fedeltà e nella deontologia che la professione richiede. Perché solo chi si pone le domande potrà decidere liberamente le sue risposte. Altrimenti dovrà 'comprare e consumare' quelle altre ben confezionate dagli altri. La libertà richiede impegno ed ha un costo, ma l'"alienazione nelle risposte altrui" non ha nessun costo iniziale se non quelli a consuntivo finale, inaspettati, enormi, irreversibili, distruttivi, incivili….La libertà è una condizione per essere adulti e autonomi, l'"alienazione nelle risposte" è una condizione per essere sempre più dipendente da altri e da altro. Per favore scegliamo la libertà: saremo tutti più felici. Perché è a questa felicità consapevole e condivisa che noi docenti educhiamo i nostri studenti?

* Direttore Centro Studi Snadir

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